La prima notizia che i registri delle donazioni di Giacomo I nel regno di Valencia fossero depositati presso l'Archivio Reale di Barcellona, o in quello precedente, il deposito allestito nella casa che l'ordine di San Giovanni di Gerusalemme possedeva a Barcellona, risale al 1301. Nel 1376 i libri si trovavano già nell'Archivio, non rilegati e in pessimo stato di conservazione. L'inventario generale elaborato nel 1584 li descrive con qualche differenza rispetto ai fogli oggi conservati, facendo speciale menzione al loro cattivo stato di conservazione. Per questo motivo, nel XVIII secolo gli archivisti realizzarono copia dei registri 5 e 6. Tali copie moderne si trovano oggi rilegate annesse all'originale, nello stesso volume. Gli archivisti hanno sempre giustamente considerato che questi volumi contenessero semplici donazioni, e ciò è quanto risulta dagli inventari dell'Archivio, in cui si riferiscono ad essi come memorandum di concessioni, libri di donazioni o stabilimenti ed altri titoli simili, quali: “memorialia donacionum”, “Super donationibus Valencia”, “Liber iste memoratur de domibus Valencia”, “donaciones de Valencia et de termino”, “Regestrum intitulatum Donationum regni Valencia”, “memoria o extracto de todos los lugares dados por el ínclito Rey Dn. Jayme el Conquistador”, ecc.
Próspero de Bofarull, direttore dell'archivio tra il 1814 e il 1849, pubblicò gli attuali registri 5, 6 e 7 nel volume XI della “Collezione di documenti inediti dell'archivio della corona d'Aragona”, Barcellona, 1856. Con questa pubblicazione Próspero de Bofarull indusse gli storici a considerare i due registri delle donazioni di Giacomo I (5 e 6), unitamente alla distinta delle case della città di Valencia (n.7), come matrici di un'unica ripartizione delle terre. L'errore si riscontra nel titolo dato al volume: Repartimientos de los reinos de Mallorca, Valencia y Cerdeña. Per quanto attiene a Maiorca, è possibile parlare di un vero e proprio repartimiento, in quanto ci fu effettivamente una distribuzione generale globale di tutta l'isola, proprio come era stato considerato dall'antichità. I regni di Valencia e Sardegna, invece, non lo sarebbero. Questo il parere dell'insigne erudito valenciano Roc Chabás: “Il Repartimiento [de Valencia] non è un repartimiento (analogo a quello di Maiorca), bensì una serie di note in brutta copia per adattare quello di Valencia nelle sue case e nel suo territorio, e i dati sparsi per il resto del regno, di cui non consta alcuna distribuzione sistematica”. Nonostante la sua chiaroveggenza, Roc Chabás aggiunse involontariamente un ulteriore errore al trattamento dato a questi libri, riferendosi ad essi — nel titolo del lavoro pioniero che gli dedicò nel 1888 — come "Il libro del repartimiento della città e del regno di Valencia". Da allora, l'errore dell'espressione al singolare si è diffuso.
L'edizione di Bofarull era “eccellente come trascrizione paleografica” (nelle parole di Julián Ribera, la cui opinione mise d'accordo molti altri storici), ma non critica. Dovuto ai problemi che pone l'originale rispetto ai criteri dell'epoca, questa edizione (con la dovuta distanza dai parametri attualmente accettati per un'edizione critica) presentava numerose lacune, una delle quali — e non la più trascurabile — quella di non pubblicare le parti depennate nell'originale, che l'editore considerò annullate, applicando le conoscenze della pratica notarile del XIII secolo. Bofarull omise tutte le registrazioni depennate, a prescindere dal nome e dall'origine geografica (non sempre indicata) del beneficiario della donazione. In molti casi è possibile verificare che una voce depennata nell'originale (e pertanto non pubblicata da Bofarull nella propria edizione, in quanto considerata annullata dallo scrivano) viene copiata letteralmente in un'altra parte del libro senza cancellature, e quindi appare di fatto nella sua edizione. Oltre a segnalare che i volumi apparivano “alquanto maltrattati dal tempo”, avvertì che a causa delle limitazioni di stampa non aveva potuto segnalare “le numerose correzioni o aggiunte che costellano l'originale, essendo esse così numerose e così tante le distrazioni commesse nel farle, che in moltissimi casi, piuttosto che decifrare, abbiamo dovuto interpretare il manoscritto”. Per questa ragione chiese scusa, considerate le difficoltà, per “quelle occasioni in cui ci siamo visti obbligati a transigere tra la scrupolosa fedeltà alle parole di un testo dubbioso e il senso che doveva essere naturalmente attribuito alla totalità della frase”. Grazie a queste avvertenze gli storici accademici furono coscienti delle mancanze e delle inesattezze di questa edizione, che si poneva come un'interpretazione del testo originale — peraltro sempre consultabile nell'Archivio della Corona d'Aragona ai fini del raffronto da parte dei ricercatori interessati. Ad ogni modo, e considerando i mezzi materiali alla portata della storiografia spagnola del secolo XIX e della prima metà del XX secolo, l'opera di Próspero de Bofarull fu degna di merito e suscitò numerose lodi. Un noto storico di Valencia, José Camarena Mahiques, espresse quanto sopra in occasione del X Congresso di Storia della Corona d'Aragona, tenutosi a Saragozza nel 1976. Camarena scrisse: "dopotutto, pur tenendo conto dei difetti, ringraziamo Prospero de Bofarull per la realizzazione di questa edizione".
Consapevole di questi limiti, il grande arabista Julián Ribera y Tarragó preparò un'edizione fotografica di qualità, pubblicata solamente nel 1939 ma senza l'annunciata trascrizione. Posteriormente ne furono pubblicate due edizioni del Llibre del Repartiment, una diretta dal Dott. Antoni Ferrando (Valencia, 1979), che include la sua riproduzione facsimile, e un'altra realizzata dai Dott.ri Desamparados Cabanes e Ramón Ferrer (Saragozza, 1979-1980). Dal 2008 è inoltre possibile consultare gratuitamente l'originale digitalizzato nel Portale degli Archivi Spagnoli